18 agosto 2008

Il sole negli occhi


Primo film da regista di Antonio Pietrangeli, Il sole negli occhi (Italia, 1953) "pur nella sua chiave intimistica, è considerato uno degli ultimi esempi di neorealismo. Una delle sue virtù sta nell'assenza di una tesi. Pietrangeli intendeva costruire un personaggio da caratterizzare a poco a poco e da seguire nella sua evoluzione, attento alla lezione di Rossellini: mostrare, non dimostrare. (Morandini 2008).
Lontanissimo dal neorealismo rosa che già prolifica in quegli anni Il sole negli occhi ha il pregio di fotografare certa realtà sociale più con asciuttezza che con schematismo: Celestina che arriva a Roma mandata dai fratelli a servizio (dal paese di Castelluccio); i fratelli che partono per L'Australia; la pratica di avere una serva diffusa in tutte le classi sociali dagli arricchiti presso cui Celestina lavora dapprima, ai commercianti obesi e con le mani lunghe (il figlio che per aver toccato il seno di celestina rimedia una cornettata di telefono sulla mano) che vanno in villeggiatura a Ladispoli; all'alta borghesia pariolina, ai pensionati di origine sicula che vivono di poco e vorrebbero lasciare la terra in eredità a Celestina, ma intervengono i parenti, famelici, pronti a far internare l'anziano parente (anziani anche loro) e ad arrestare Celestina per circonvenzione di incapace e ancora la solidarietà fra ragazze serve come lei, tutte del nord, dal veneto all'Emilia, una ragazza madre, che tiene il figlio dalla balia "ma mi costa un sacco di soldi".
La crescita di Celestina è esemplificata dal passaggio per le tappe di un'umanità varia, e per l'amore per Fernando uno stagnaro che per i soldi si lascia convincere dal fratello della fidanzata ufficiale a sposarla, in cambio diventa socio del negozio e può comperarsi una moto. Così quando Celestina scopre che Fernando si è sposato, essendo anche incinta, tenta il suicidio. Fernando piange come un bambino e le promette di rimanere con lei e il bambino ma Celestina decide di non volerlo più vedere. Le ultime sue parole sono riportate dalle amiche serve che la vanno a trovare in ospedale (le vediamo riunite fuori dall'edificio), le quali sciorinano la classica saggezza popolare: tutti gli uomini sono mascalzoni, ma anche lei doveva stare attenta; Celestina, dice la ragazza madre, ha deciso che il bambino è solo suo e di tenerlo (e una delle ragazze dice"giusto").
Tutto sembra funzionare, anzi funziona, nel film, ma quello che lo allontana dal neorealismo è l'assenza della società, delle istituzioni, non tanto come denunica della loro mancanza, ma proprio come assenza nelle considerazioni degli autori del film (Pietrangeli che scrive la sceneggiatura, tra gli altri, con Ugo Pirro).
La storia di Celestina è una storia privata, e il figlio della colpa deve tirarselo su da sola, senza un aiuto statale o dalla famiglia o di chi per loro, senza he la società preveda delle facilitazioni per le ragazze madri mentre Fernando rimane impunito (anche se siamo contenti per sua moglie... ma che uomo è Fernando? A quando una nuova servetta da mettere incinta?)
Nei commenti del Mereghetti e del Morandini non emerge questa ineluttabilità nei confronti delle sorti di una giovane ragazza madre (ora, dice la sua amica ragazza madre, troverà più lavoro, perché molte famiglie cercano una così che già si è scottata c e non cerca più l'amore, perché ha altro cui badare. Solo quando non sarà più bella come una volta forse Celestina potrà sperare in un uomo che la sposi, come capita a Marisa Merlini in Pane amore e gelosia.
La morale è sicuramente quella (demo)cristiana della donna che deve cavarsela da sola (ma in questo c'è almeno una certa autodeterminazione delle nuove generazioni, che però, passa sempre per la sessualità punita) dopotutto è stata lei a sbagliare perché si sa, gli uomini sono tutti mascalzoni...
C'è da farsi venire il mal di fegato...

2 commenti:

Tamcra ha detto...

Caro Ale,
ho letto su un vecchio numero di "Grazia"(n. 3, 22 gennaio 2008) un'intervista a Mario D'Ambrosio presentato come "docente universitario e presidente dell' AIDP (Associazione Italiana per la Direzione del Personale). In questa intervista si dnno saggi consigli su come imparare le lingue per trovare un lavoro. Tutte cose abbastanza scontate: viaggi-lavoro all'estero, corsi full-immersion da chiedere (con forza) magari all'azienda,e anche di imparare il cinese e lo spagnolo.In cauda venenum: le donne, dopo aver ribadito che hanno "una mentalità più flessibile", e questo fa sì che "abbiano una maggiore capacità di apprendimento degli idiomi stranieri", non dovrebbero "farsi imprigionare, specialmente nella fase più importante, quella della formazione universitaria, dagli impegni SENTIMENTALI.Devono sentirsi comunque libere di trascorrere un lungo periodo all'estero, LONTANO DAL FIDANZATO O DAI GENITORI".Questa intervista mi è venuta in mente riguardo al post su Pietrangeli: ora, questo signore la pensa esattamente come le servette del film! Una donna deve essere libera da impicci sentimentali, possibilmente sublimarsi nella sofferenza per essere più aderente al sistema...Quando questa donna ipotetica, dopo aver imparato cinese spagnolo e hindi arriverà a quarant'anni scommettiamo che si sentirà rimproverare da un altro professore/ssa per la sua "mancata realizzazione nel privato-niente figli-la società va a picco per colpa tua?"

Alessandro Paesano ha detto...

Ancora oggi alle donne in carriera viene imposto di scegliere tra il lavoro e la famiglia, tra una realizzazione professionale e quella privata (che,m guarda caso passa sempre attraverso la maternità).
Le due cose non sono compatibili, come sei i figli le donne li facessero da sole. A nessun padre viene chiesto di compiere la stessa scelta. Una donna è inaffidabile perché può rimanere incinta e lasciare il posto di lavoro descrivendo quello che è un suo diritto (l'aspettativa per maternità) viene visto come una richiesta illecita. D'altronde a parità di competenze una donna prende il 305 in meno di stipendio rispetto un uomo...

Il film di Pietrangeli è del 1953 e quelle servette che esprimevano una propria opinione, senza che nessun uomo, nessuna guardia o nessuna donna anziana le zittisse o le disperdesse ("circolare", "circolare") come succedeva loro fino a 10 anni prima, è già una conquista e il segno di un'emancipazione ma l'orizzonte etnico di questo paese è ancora quello di 55 anni fa...

bello essere
quello che si è anche se si è
poco
pochissimo
niente


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