9 giugno 2006

Caro Luigi,

spero mi perdonerai se pubblico questa lettera “privata” sul mio blog, ma credo che le cose che ho da dirti, la riflessione, che, spero, le mie parole apriranno, siano troppo importanti perché rimangano nel nostro privato, son troppo convinto della “politicità” del privato per far rimanere quanto segue inter nos.

Vengo subito al punto.
Domenica scorsa, in una delle mie solite discussioni, durante le quali mi agito un po’ troppo, assumendo a tratti un tono cattedratico se non sprezzante - poco male (?) per chi mi conosce, ma non per chi, come Fabio, uno degli altri tuoi invitati di Domenica , è appena la seconda volta che mi vede - è emersa chiaramente una …divergenza d’opinioni sulla qualità della guida automobilistica delle donne (non entro in merito alla discussione ben più complessa affrontata, prima, con Fabio…). Tu (e non solo) sostenevi che “le donne guidano peggio degli uomini” e che, in ogni caso, sono meno propense degli uomini a dare la precedenza, a fermarsi alle strisce pedonali, etc. etc. Io sostenevo, prima ancora di entrare nel merito di quanto andavi dicendo, che una frase che inizia con le parole “Le donne” (vale a dire tutte le donne) non ha alcun senso logico (le donne italiane? O quelle europee? E che dire delle donne del Pakistan, o del Burkina Faso?). Una volta risolto l’empasse logico (perchè di logica si tratta) tu rimediavi dicendo che secondo la tua esperienza tutte le donne guidano male, etc. etc. Io, da pignolo che sono, facevo notare come l’affermazione restasse illogica. Un po’ perché Popper ha dimostrato chiaramente come non si possa ricavare un’affermazione necessaria e sufficiente dall’osservazione diretta (non importa quante mele osservo cadere… dalla sola osservazione non posso affermare che tutte le volte la mela cadrà, infatti, la fisica prevede anche che, a volte, la mela andrà verso l’alto o rimarrà ferma a mezz’aria…), per cui la tua frase dovrebbe diventare tutte le donne da te incontrate e solo quelle… Ma, prima ancora, criticavo alla tua frase l’uso assertorio universale, non secondo me, a mio avviso, ma “tutte le donne”, perché l’uso assertorio, secondo logica, richiede che sull’affermazione in questione tutti siano d’accordo… e che quindi l’oggetto della discussione che ne segue non è sull’argomento contenuto nell’affermazione (nel nostro caso, le donne guidano veramente male? E male come? Peggio degli uomini? E quali uomini? etc. etc…) ma, più superficialmente, sulla validità, o meno, dell’asserzione stessa, insomma su chi ha ragione… Non dunque se le donne guidano bene o guidano male (o, meglio se “le donne guidano male” è vero o falso) ma chi ha ragione: Luigi o Alessandro.
Era proprio il contenuto che io volevo mettere in discussione e, prendendo l’affermazione dall’unico punto di vista logico possibile (quello statistico) ti ricordavo che in Italia, statisticamente, le donne fanno meno incidenti degli uomini (o almeno denunciano meno incidenti alle compagnie assicurative) tant’è che molte assicurazioni costano meno per le donne che per gli uomini. Tu, non smuovendoti di una virgola, non già dalla tua idea, ma dal tuo apparato assertorio, reiteravi la tua affermazione aggiungendo che io non ero abbastanza esperto sull’argomento perché non guidavo (sic!). Niente di male, più o meno (glissando sulla debolezza di quest'ultima tua argomentazione…) cercare di sminuire l’autorevolezza della persona che propone un’opinione diversa è pratica retorica diffusa… Però, io, nonostante la mia verve mi abbia più di una volta fatto incendiare d’indignazione polemica, non mi permetto mai di sminuire l’autorevolezza del mio interlocutore (posso farlo delle sue opinioni, quando le riconosco come opinioni già diffuse, proprio come nel caso del luogo comune da Te espresso sulle donne che guidano male, ne hanno fatto anche un film con Totò “Le motorizzate”). Quante volte, altrimenti, io dovrei far pesare la mia competenza sulla critica cinematografica con tutti i mie amici e invece mi impelago in discussioni alla pari su questo o quel film? Comunque sia questo tipo di comportamento non fa andare avanti la discussione ma le pone fine, come ti ho fato notare, e Tu, hai riconosciuto l’errore e i hai chiesto scusa.
Ora, io sono permaloso, si sa, ma non era la prima volta durante quella domenica conviviale che cercavi di azzittirmi ridimensionando la mia competenza su un determinato argomento, hai persino generalizzato il discorso (ma si stava parlando d’altro, non di donne) dicendo che nessuno di noi può sapere tutta la verità su un determinato argomento (nella fattispecie lo spinoso rapporto tra Turchia e Armeni) e dunque nessuno poteva in coscienza esprimere una propria opinione su di esso. Io aggiungerei tranne Te, evidentemente, che, nonostante la tua affermazione, stavi esprimendo una tua opinione facendola prevalere sulla mia perchè ne sapevi di più (o ne sapevo di meno io, il che, in fondo, è la stessa cosa).
Vedi Luigi nell’arte polemica mi piace sporcarmi le mani e avventurarmi tra i più sottili e sofisticati sofismi e non redimere questioni a grossolani colpi d’accetta. Perché dietro questa tua affermazione c’è un qualunquismo di fondo (o almeno, c’è un’indicazione implicita che può portare al qualunquismo). Se, infatti, sono il primo a riconoscere che oggi, “grazie” alla tv, ognuno si sente in diritto di concionare su qualunque argomento senza averne la benché mima competenza (competenza che viene messa in causa in quanto fa quelle affermazioni non ad una tavola di amici ma in tv tramite la quale raggiunge milioni di telespettatrici e telespettatori) credo, al contempo, che, in quanto singoli individui, ognuno di noi abbia il dovere morale di farsi un’opinione, di schierarsi, eticamente prima ancora che politicamente, su qualunque argomento, esprimendo le proprie opinioni secondo la propria coscienza e le proprie conoscenze (che, per quanto mi riguarda, non sono mai definitivamente acquisite, ma in continuo divenire, evolversi, aggiornarsi, rivedersi, mettersi in discussione, etc. etc.) per cui la tua affermazione che nessuno ne sa mai abbastanza lascia il tempo che trova, perché, a ben vedere, nessuno ne sa mai abbastanza su niente
Ma non è per questo che ti scrivo! Non per una prevaricazione polemica che tu stesso hai riconosciuto e per la quale mi hai già chiesto scusa.
Si parlava di donne, ricordi?
Siamo tornati a parlare delle proprie esperienze con le donne e finalmente, lì, è emerso il punto culmine, il motivo vero per cui ti sto scrivendo queste, ahimé, non poche righe. Tu hai commentato che la tua opinione sulle donne si basava sulla tua esperienza personale, e che se a volte può sembrare che hai poco riguardo nei loro confronti, è in conseguenza degli incontri negativi fatti con esse. È qui che mi si è accesa la lampadina (quella di Archimede). Mi sono chiesto se veramente, quando si esprime un’opinione su un qualunque argomento, ci si rifà sempre alla propria esperienza. Io credo di no. Credo che sia necessario allontanarsi dal proprio io, dalle proprie esperienze (che, in quanto facenti parte di noi forgiano il nostro carattere, il nostro modo di vedere e di pensare, e sono dunque sempre presenti) per poter pensare un’affermazione che sia valida anche per gli altri. Perché il salto logico implicito da la mia esperienza con le donne a tutte le donne è enorme.
Molto spesso crediamo di vedere negli universali (le donne, gli uomini, ma anche i gay, le femministe, o i cattolici, i comunisti) qualità che crediamo essere in contenute in essi mentre in realtà sono qualità che noi attribuiamo loro. Sta tutta lì la differenza. Se io credo che il fatto che le donne guidino male sia un’idea contenuta nel concetto di “donna” (tu hai maldestramente addotto addirittura cause genetiche…) nell’affermarlo mi limito ad aprire gli occhi a chi non si accorge dell’evidenza... Non ci sto mettendo niente di mio, al limite faccio la maestrina… Se, viceversa, l’universale donna (o qual altro) è solamente un comodo contenitore per le (mie) idee nell’affermare che le donne guidano male metto in gioco tutto me stesso. Ma allora dovrò dimostrare la mia affermazione con sostanziose argomentazioni, e non pretendere semplicemente che i mie uditori ne riconoscano l’evidente verità perché quel che dico è veramente così… La comodità degli universali, Luigi, è solo quella di usarli come dei contenitori entro i quali commisurare le proprie idee avendo, per così dire, un metro comune, uno stesso sistema di riferimento.
Più tardi, raffreddatosi il clima polemico, mi hai detto, pacatamente, che non condividevi la mia propensione a difendere le donne. Io ti ho risposto che capivo se il mio atteggiamento ti dava fastidio, se lo trovavi esagerato, ma non capivo perché non lo condividessi.
Se interpreto bene il tuo pensiero quel che volevi dirmi è che delle donne si può parlare male
senza che io ogni volta intervenga, polemicamente o meno, (vero Antonio?) a difenderle.
Credo che tu mi stessi "accusando" di “razzismo la contrario” che, cioè, siccome non sono razzista, debba per forza asserire, sempre e in ogni caso, che i neri (non i negri…) sono sempre buoni.
Il razzismo al contrario è risibile, son d’accordo con te, ci sono stronzi tra i neri, come tra le donne e tra i gay, ma la stronzaggine non è un’essenza della categoria d’appartenenza… in altre parole, se un nero è stronzo non lo è in quanto nero, anzi il suo essere nero (o bianco o …) non ha nulla a che vedere con la stronzaggine… Per cui se incontri una donna che nella guida si comporta da stronza, invece di pensare toh, questa qui che ho di fronte è una stronza, e, anche, è una donna, pensi questa è una donna, ecco perché è stronza! Non ti accorgi così che mentre credi di dimostrare la tua teoria che tutte le donne sono stronze con l’osservazione empirica di una donna stronza tu interpreti i dati empirici proprio in base all’idea che vorresti dimostrare… Là dove c’è uno stronzo (una stronza, in questo caso la lingua italiana non aiuta…) tu vedi una donna stronza!
Come vedi ho cominciato questa lettera credendo di volerti parlare del contenuto delle tue affermazioni sulle donne, che non condivido, e invece mi sono limitato ad analizzare le modalità delle tue affermazioni, che reputo sbagliate.
Così parli la stessa lingua delle vacue pericolosissime discussioni che si intavolano in tv, offendendo la tua intelligenza e l’acume che mille volte mi hai mostrato aiutandomi a capire tante cose.
Beh, mio caro amico, ho messo molte carte in tavola. Spero mi risponderai facendomi vedere le cose da un punto di vista altro che da solo non riuscirei ad immaginare.

Con affetto,
tuo Alessandro.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Caro Ale,
chi scrive sta prendendo lezioni di guida, quindi secondo il tuo amico sarei un potenziale pericolo pubblico… Neanch'io sopporto le generalizzazioni e il parlare "per categorie", solo che temo non siano tanto un portato dell'odierna cultura televisiva, quanto della società industriale. Dovendo infatti avere a che fare con un numero crescente di informazioni necessarie per muoversi nel mondo, e avendo a che fare con un lavoro in continua evoluzione tecnologica, si è resa necessaria la "categorizzazione" pseudo-scientifica della società.In questo modo nessuno poteva essere distratto da pensieri cattivi e/o sovversivi.La verità -non di marca religiosa- era là. Così sono nate "le donne" "i giovani" "i bambini" "gli omosessuali" (termine nato nell'Ottocento)e così via, così sono nate le donne "che non sanno guidare" o i gay "tanto sensibili".

bello essere
quello che si è anche se si è
poco
pochissimo
niente


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