19 maggio 2013

Discriminazione di genere al MAXXI: o la borsa o la vita!

Sono al MAXXI per la notte dei musei.

Sono andato presto così ho evitato la fila.

Voglio accedere a Correction una delle istallazioni di Fiona Tan che già mi ha impressionato tanto con Inventory, Disorient e Cloud Island. 

Mi muovo tra la folla vociante come quella dello struscio di via Nazionale e sto per mostrare il biglietto (anche se l'ingresso è gratuito ci vuole il biglietto...) all'addetto del museo, quando questi mi guarda e mi dice che devo lasciare la borsa al guardaroba.

Gli chiedo perchè.

Mi dice che il mio zaino è troppo grande.

Lo guardo con aria fosca e gli rispondo è una borsa non è uno zaino.

Lui, senza battere ciglio, mi dice, comunque è troppo grossa, non può passare.
La borsa eccola, nella foto c'è anche Gastone così vi rendete conto delle dimensioni. E' piena (vuota...) esattamente come era ierisera



Proprio in quel momento arriva una donna con una borsa di pelle più grande della mia e lui la fa passare senza dirle di lasciare la borsa al guardaroba.


Mi infurio e lo accuso di discriminazione di genere.

Gli dico: scusi perchè una donna la borsa anche più grande della mia può tenerla con sé e io devo lasciarla al guardaroba?

Lui insiste che il mio zaino è troppo grosso per passare. Gli indico tre borse di altrettante donne che sono più grandi della mia BORSA.

Come tutta risposta il tipo mi dice non si preoccupi passi pure.

Voi sareste passati.

Io no.

Io voglio passare non perchè ho fatto la voce grossa ma perchè ho lo stesso diritto di una donna di passare con la borsa.

Chiedo di vedere il direttore.

Non me lo vuole chiamare.

Lo intimo di chiamare un suo superiore o chiamo la polizia.

Si presenta il capo della sicurezza, un bellissimo ragazzo, un po' bassino (ma a me i ragazzi bassi piacciono tanto) anche lui in completo borghese, con l'auricolare bianco il cui filo a spirale passa dietro l'orecchio.

Gli dico di spiegare al suo collega che o blocca tutte le borse oltre una certa dimensione o fa passare anche la mia.

Non capisce.

Gli indico la borsa di una signora, gli chiedo secco perchè quella borsa passa e la mia no.

Lui, il ragazzo bellissimo e ora accipigliato (si dirà? Mah) mi dice perchè le donne nella borsa di solito... e poi si interrompe perchè si rende conto da sé della cazzata che stava per dire.

Le donne hanno bisogno di una borsa più grande perchè ci tengono le loro cose, i trucchi, i fazzoletti, gli assorbenti e altre cose da donna.
Noi uomini, noi maschi almeno, non abbiamo bisogno delle borse.

Si tratta di una discriminazione di genere, termine che penso nessuno colga nel suo significato né nella sua importanza. E mentre ribadisco o passano tutte le borse oltre una certa dimensione o non ne passa nessuna il ragazzo bellissimo (e sempre più accipigliato) mi dice:


1) e che ci mettiamo a misurare tutte le borse? (perché gli ho fatto notare che la borsa di una signora che è appena passata è grande quasi il doppio della mia)


2) che io mi sto divertendo e lui sta lavorando (questa argomentazione per me è peggio del fatidico manto rosso mosso davanti al toro...)


E poi mi fa passare visto che ne faccio una questione di principio.

Inutile dire quanto questa distinzione sia insulsa e non garantisca protezione alcuna.
Se voglio introdurre un'arma nel museo basta farla portare nella borsa di una donna.

Se una borsa troppo grande costituisce un ingombro o un pericolo per le opere del museo quelle delle donne sono più tollerate di quelle degli uomini...

Mi fa rabbia il fatto che questi lavoratori, che rispetto naturalmente, siano educati a spegnere il cervello e applicare norme idiote senza che sia permesso loro alcun vaglio critico.


Capisco che borse o oggetti ingombranti in un museo non possano entrare, ma se le dimensioni consentite della borsa al seguito cambiano in base al sesso del possessore.... beh allora non ci siamo.


C'è dell'altro, temo.


Io sono uno che dà nell'occhio.

Per i mie capelli alla Baby Jane, che ieri erano sciolti ricci e fluenti.

Per la mia stazza.

Per il colore del mio vestiario (camicia arancione, con la borsa viola...).

E, anche, perchè quando avvicino un addetto ai lavori, anche se sta lì alla porta  e nemmeno mi controlla il biglietto, io saluto e ringrazio.

Credo che questo debba insospettire. Perchè i miei e le mie connazionali normalmente non lo fanno.

Al bar ,per esempio per chiedere, un caffe e un bicchiere d'acqua io dico sempre:
Buongiorno. Vorrei un caffè, per cortesia e un bicchiere d'acqua. Grazie.

Altri avventori, non tutti, ma parecchi, dicono solamente un caffè!

Ora magari per il lavoratore io sono quello prolisso che fa loro perdere tempo e preferiscono la scortesia del cliente mussoliniano che dà ordini come il barista  fosse roba sua (di alcuni magari fossero roba mia...).

Oppure nel caso del tipo che mi ha detto di lasciare la borsa, sentendosi chiamato in causa nelle funzioni del suo lavoro (che è quello di stare là) esercita un potere e mi dice vada a consegnare lo zaino (non è uno zaino!!!).

Il tipo ha fatto passare altri uomini con borse anche più grandi della mia, ma loro erano meno appariscenti, molto più magri, magari meno vistosamente queer (mi dimentico semepre di metterci anche questo, queer, strano, non conforme ah non è una donna è un uomo. Ma che cos'è?!?! mi chiese una volta una signora sull'autobus...).

Tutto quello che mi dà fastidio e mi preoccupa è il conformismo omologante e l'automatimo di un pensiero autoritario al quale siamo tutti e tutte chiamati\e a ottemperare senza pensare. E' una forma di totalitarismo a diversi livelli.

Un altro modo di misurare la scarsa democrazia di un paese come l'Italia anche in una sera magnifica che mi aveva fatto sentire quasi felice di viverci.


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bello essere
quello che si è anche se si è
poco
pochissimo
niente


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