2 novembre 2010

Festival del film, giornata del 31

Del collettivo Amanda Flor e del film presentato al Festival on avevo sentito parlare e non sarei andato a  vederlo se non fossi stato consigliato. Ad ogni costo Italia, 2010 di Davide Alfonsi e Denis Malagnino, è un film dalla genuina vena narrativa. Il collettivo più che esplorare la società, denunciarne le sperequazioni (come la parola collettivo suggerisce a un vecchio marxista come me...) vuole raccontare una storia e ci riesce benissimo. Una storia sganciata dai film e dalle fiction italiane, la cui amatorialità degli attori e delle riprese (e nonostante alcuni evidenti problemi di edizione, attori sbarbati e poi di nuovo con la barba...) ha una sua autonomia e una cifra personali.  In una società dove al sopruso del furto corrisponde quello delle istituzioni (al protagonista spacciatore è chiesto di trovarsi u lavoro per vedere il figlio minore, messo in un istituto) lo spacciatore si arrangia, tra ispettori di polizia corrotti, nuova delinquenza (marocchina) che si sostituisce alla vecchia guardia nostrana, donne virago e dalla pistola facile, tutto detto con coerenza e credibilità. Ne emerge uno sguardo senza speranza, cattivo ma non incattivito, al quale però è indifferente il lato sociale e, a ben vedere, anche quello etico, ed interessa solo raccontare la sua storia fino alla fine. e questo gusto per la storia e non per quel che c'è prima, o dopo, è anche il più vistoso limite ideologico di questa operazione che risulta però più interessate e difendibile dei prodotti patinati come il film di Jalongo.  Un pulp nostrano, a tratti grottesco, come quando il protagonista decide di far morire di overdose un suo amico tossico perché ha saputo dalla sua donna che ha l'aids (mai sentito parlare di cure?).



 Il secondo e ultimo film della giornata è la proiezione unica di Fuwako No Adagio Giappone, 2010 di Tsuki Inoue. Un film delicatissimo sulla femminilità dal punto di vista di una suora cattolica di mezza età, ai primi sintomi di menopausa, che dopo una vita asessuata ritrova attraverso un se  mistupro una propria dimensione di donna. Il tutto raccontato in 70 minuti, con una fotografia notevole per u film girato in digitale. Una delle poche sorprese del festival, so far, nella sezione più da seguire, occhio sul mondo\focus.

Poi sono andato a teatro nell'unico appuntamento dell'altra metà del mio non lavoro che no sono riuscito ad evitare.

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bello essere
quello che si è anche se si è
poco
pochissimo
niente


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