5 giugno 2008

Nucleare? No, grazie!



Avevo 21 anni. Uno studente liceale ancora... Partecipai al campeggio antinucleare di Montalto di Castro. Un'orgia di compagni (e compagne...), di discussioni politiche, di docce comuni, di riassesto del comune senso del pudore (che gioia per i miei occhi!!!) di discussioni con Sibilla sulla musica jazz, di spettacoli teatrali che vidi e recitai (coinvolto all'ultimo, si intitolava La peste... Rappresentavamo degli esseri umani che venivano colti dalla peste e morivano stecchiti proprio come le zanzare di Raid...)

Io avevo avuto un passato nuclearista. Mi ero cioè formato (alle medie, anno di grazia 1977) sui testi pubblicati dall'Enel... E credevo nel nucleare a fissione, anche in nome di un appoggio morale alla scienza che sentivo di dover dare dato che molte delle considerazioni degli antinuclearisti di allora arano più basate su un banale e pericoloso misoneismo, ovvero su una mera diffidenza verso la scienza (confondendo o ignorando le differenze tra scienza e applicazioni tecnologiche...) che su vere considerazioni scientifiche (acnhe perché all'ora, almeno a livello divulgativo, non se ne sapeva ancora un gran che). A me questa avversione per la scienza preoccupava oltremodo, visto che era stata la Scienza che da piccolo (alle elementari) aveva reso quel caos che è il Mondo un luogo ordinato, dove le cose hanno un senso e dove i ciarlatani che in nome di un dio ti impongono il loro punto di vista indimostrabile non aveano più posto.
Ho sempre creduto d'altronde che le cose vadano prima conosciute per poterle poi criticare.
Così c'è stato un periodo della mia vita in cui leggevo testi di archeologia spaziale, un tempo in cui ho frequentato (ma mai veramente "militato") Comunione e Liberazione (per poi scapparmene a gambe levate proprio come ho fatto negli anni '90 con Socialismo rivoluzionario). E c'è stato anche un periodo in cui ero un attivo sostenitore del nucleare a fissione.
Già a fissione. Perché il nucleare a fusione, che è tutt'altra cosa, se e quando mai riusciremo a sviluppare la tecnologia per ottenerlo, risolverebbe non pochi problemi energetici a questo Pianeta.

Durai poco come nuclearista.
Giusto il tempo di vedere il film Sindrome Cinese (che aveva dimostrato che oltre all'errore umano c'è sempre il rischio di catastrofe per peculato umano, di chi cioè per speculare non fa le cose secondo gli standard di sicurezza...) informarmi sul problema insormontabile delle scorie (che aveva ispirato la serie di fantascienza Spazio 1999) per redimermi e diventare un moderato ma accanito antinuclearista. Moderato perché, a differenza dei nuclearisti ortodossi, distinguevo il nucleare (che è una tecnologia) dalla scienza (Fermi, Oppenheimer e Einstein) che aveva permesso a quella tecnologia di nascere. Poi ci fu il referendum (anzi, "I" referendum) che posero fine al problema. Non definitivamente purtroppo. perché ancora oggi non sappiamo dove stoccare definitivamente le scorie prodotte e anche i materiali radioattivi derivati allo smantellamento delle centrali allora in funzione (Montalto era ancora in fase di costruzione....).

Secondo me non ci sarebbe nulla di nuovo da dire sul nucleare.
Un referendum del 1986 ha chiuso l'era del nucleare e questo dovrebbe bastare.
Ma oggi PDL e PD trovano inedite sinergie e si dichiarano entrambi favorevoli al nucleare (a fissione).
Marcegaglia, novella presidente di confindustria, parla del futuro di sua figlia ma poi si schiera anche lei a favore del nucleare (tanto il problema delle scorie non riguarderà lei ma certo sua figlia quando avrà la sua età...).
Grillo ci ricorda nel suo blog i rischi del nucleare, come tanti altri. Ma tutti commettono lo stesso errore di allora. Cercano cioè di convincere che il nucleare è una tecnologia non sicura.
E questo non è vero.

Ci si ostina a dimostrare la non sicurezza della tecnologia a fissione facendo così il gioco di chi sostiene un ritorno al nucleare in Italia.
Il problema delle centrali nucleari non è tanto il rischi di incidente, problema concreto e devastante ma imitato e solo probabile.

Il vero insormontabile problema delle centrali nucleari SONO LE SCORIE RADIOATTIVE che non sono un probabile effetto ma una certezza irrisolvibile.

Scorie e rifiuti sono limitati, ma sono molto pericolosi e non perdono il loro potenziale devastante per migliaia di anni: non esistono luoghi sulla Terra completamente sicuri per tempi lunghi; ci vogliono poi barriere ingegneristiche, controlli di sicurezza particolari e trattamenti vitrificanti. In Italia il lavoro di sole 4 centrali per pochissimi anni ha prodotto 28.000 m3 di scorie che ancora non hanno trovato un posto definitivo.

- Alle scorie di produzione vanno aggiunti i rifiuti radioattivi che derivano dalla dismissione delle centrali che hanno terminato la loro vita o che risultano obsolete.

(...)

- Il contributo del nucleare alla lotta contro l’effetto-serra è comunque marginale, vista la scarsa diffusione: i guadagni sulle emissioni di anidride carbonica ottenuti con il risparmio energetico sono sempre superiori a quelli legati alla produzione di elettricità per via nucleare.

- Le centrali nucleari costano molto e ci vogliono tempi lunghi per costruirle (5-10 anni), hanno poi vita breve: nessuna arriva ai 30-40 anni teorici e ci si attesta sui 25 anni di media. I costi di smantellamento sono sempre elevati.

- Per via del costo capitale, delle assicurazioni contro gli incidenti, dello smantellamento finale, dello stoccaggio e smaltimento scorie il mercato finora non ha premiato il nucleare che copre solo il 6% del consumo di energia primaria mondiale. Se è così vantaggioso, perché non si investe di più ?

- Solo poche persone lo manipolano e ciò ingenera diffidenza fra la popolazione. Non c’è consenso sociale sul nucleare: sono decine i comuni denuclearizzati in Italia e sarebbe arduo piazzare oggi una centrale in qualche provincia o comune. A prescindere comunque dal fatto che nel 1987 c’è stato un referendum che ha bocciato sonoramente l’ipotesi nucleare.

- C’è un possibile uso militare che sfrutta le conoscenze acquisite e il plutonio prodotto dai reattori autofertilizzanti: nucleare significa ancora guerra.

Complessivamente il nucleare è bocciato non solo dalla diffidenza delle popolazioni, ma anche dai problemi che ha dovunque e soprattutto dal mercato: le grandi centrali di un tempo possono essere costruite solo in presenza di forti interventi statali che abbattano i costi elevati, interventi sempre meno possibili in regimi concorrenziali: sostanzialmente il nucleare non conviene e impedisce di sperimentare nuove fonti più sicure1.




Invece di mostrare gli effetti di un incidente come quello di Chernobyl, che ha prodotto mostri à la freaks, che, per quanto terribili e umanamente dolorosi, sono sempre delle eccezioni, bisogna denunciare il problema quotidiano delle scorie.

Altrimenti si corre il rischio di essere contraddetti da infami come Chicco Testa che ha la faccia come il culo di affermare che è meno rischioso lavorare in una centrale nucleare che andare in giro col motorino senza casco (ma si guarda bene dal menzionare il problema scorie).

Altrimenti io, proprio come allora, temo che dietro uscite come quella di Grillo si riaffacci sempre la vecchia diffidenza per la scienza, diffidenza che è il più grande viatico l'irrazionalità e ai regimi totalitari, pericolo ancor più minaccioso di quello del nucleare (a fissione).

Per questo non aderisco alla campagna contro il nucleare di Grillo, pur rimanendo un convinto antinuclearista (a fissione).
Alla faccia di Grillo che pontifica "Nucleare no grazie", che comincia a preoccuparmi perché mi sembra che anche lui commetta l'errore di tanto associazionismo di sinistra (e non) cioè confondere il mezzo (Grillo, le associazioni, il partito, l'organizzazione) con il fine (una vera informazione ,la denuncia di comportamenti immorali e/o illegali) e diventare un'icona autoreferenziale e non più una voce fuori dal coro che con intelligenza cerca di fare controinformazione, preferisco lo storico sole che ride. Il sole è di tutti Grillo è solo un singolo.




(1)dal sito Gaia

Nessun commento:

bello essere
quello che si è anche se si è
poco
pochissimo
niente


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